Il metro di una società civile
“Diversabilità” è una parola complessa, comprendente un mondo composto da persone coraggiose, capaci di sviluppare caratteristiche, umane e pratiche, al di sopra della comune esperienza. Il termine nasce, con sensibilità e rispetto, in ambienti cattolici per superare il limite della “non abilità”, posto in evidenza dalla parola “disabile”. E’ sufficiente solo modificare il prefisso, ma ciò comporta una nuova visione della tematica: si tratta di “abilità diverse”, attuabili grazie alla forza di volontà ed al sussidio, spesso importante, della tecnologia. A chi è “diversamente abile” sono collegate tutte quelle persone che vivono a stretto contatto con questa realtà: i familiari, i parenti, i “volontari” che svolgono servizio in ambiti della sanità attinenti alla risoluzione di problematiche collegate a fenomeni che, ancora oggi, riecheggiano come discriminatori e poco degni di una società organizzata. Tra le associazioni di volontariato ricordiamo le “Misericordie”, di stampo cattolico (sempre collegate, da statuto, ad una parrocchia di riferimento), attive nel servizio di trasporto di assistiti con difficoltà deambulatorie. Riguardo allo “Stato”, dal 1992 la legge 104 inquadra ed aiuta le persone portatrici di handicap, attraverso un sostegno finanziario ed una serie di necessarie concessioni a chi, spesso parenti, è impegnato nell’assistenza di pazienti affetti da gravi patologie debilitanti. Purtroppo, spesso l’accesso a questi diritti prevede un iter burocratico lunghissimo, che si risolve con una concessione solamente parziale dei diritti previsti dalla legge, ai quali si accede, in maniera completa, attraverso ricorsi amministrativi che allungano i tempi, anche di anni. Esistono metodi più immediati per semplificare la vita dei “diversamente abili” e riguardano la sensibilità civica di tutti noi. Evitare di posteggiare l’auto davanti agli scivoli per l’accesso ai marciapiedi, permette a chi è in carrozzina d’essere indipendente nell’utilizzo delle strade. Le strisce gialle che delimitano parcheggi riservati, spesso hanno delle misure adatte a favorire gli occupanti dell’abitacolo nelle manovre di discesa e salita in auto: è bene non occuparli se non si è in possesso del relativo “contrassegno” rilasciato dalla polizia municipale. Tali esempi rappresentano le basi per un vivere civile, nel rispetto di tutti, ma è solo la punta di un iceberg che nasconde le vergogne del fenomeno dei “falsi invalidi”, o di situazioni ai limiti dell’inconcepibile. E’ di qualche settimana fa la notizia di un giovane catanese che, a causa di un incidente in scooter subito in giovanissima età, perse l’uso delle gambe. Sembra una storia come tante, ma c’è dell’incredibile: dopo aver ricevuto un grosso indennizzo, suo diritto in quanto “vittima della strada”, la famiglia ha sperperato il patrimonio in pochi anni e, dopo aver negato al ragazzo anche i mezzi specifici attraverso i quali poteva vivere in maniera “normale”, cioè come tutti i giovani della sua età (adesso ventiseienne), attualmente si ritrova solo, abbandonato dai suoi stessi genitori e fratelli, costretto a vivere esclusivamente della poca pensione. Lo stadio evolutivo di una società si misura anche in base al livello di sensibilità nel permettere a chiunque di affrontare e costruire, senza barriere, la propria vita. E’ dovere morale di tutti fare in modo che ciò accada.